Intervista a Carmelo Fabio D’Antoni per la sua personale dal titolo: “Le donne nella visione di Carmelo Fabio D’Antoni”

Nato a Catania, Carmelo Fabio D’Antoni è un artista che si è saputo ispirare alla tradizione della pittura classica preraffaellita, alla poesia e alla sensibilità del Dolce Stil Novo, fondendoli in un suo personalissimo messaggio legato alla contemporaneità della società moderna. Fin dalle prime esperienze formative nelle antiche botteghe d’arte, ha appreso i segreti delle tecniche tradizionali per poi reinventarle in chiave moderna, fondando una corrente pittorica, di cui al momento è l’unico rappresentante, che celebra la figura femminile. Le sue opere danno vita a una donna musa ispiratrice, guerriera eterea, simbolo di speranza, bellezza, spiritualità e nobiltà d’animo. Artista dal tratto raffinato, D’Antoni dà vita a modelle che, lontane dall’essere mere immagini, si fanno portatrici del messaggio che trova nella massima espressione dell’arte, la forza della Donna. Attraverso le sue tele, l’artista crea un ponte tra passato e presente, fondendo la maestria classica con l’innovazione stilistica, in un dialogo vibrante che rievoca la poetica del Dolce Stil Novo e il concetto della Donna Angelo. La “Donna Angelo” di D’Antoni è un ideale estetico, un archetipo filosofico che unisce la delicatezza eterea dell’ispirazione divina alla forza terrena della donna. Essa incarna la visione secondo cui la bellezza autentica nasce dalla fusione armoniosa tra corpo e spirito, trasformando la figura femminile nella custode di valori quali amore, compassione e rigenerazione interiore. In questa luce, la Donna Angelo diventa un simbolo quasi sacrale, un invito a riflettere sulla connessione profonda tra l’umano e il divino, e sulla capacità dell’arte di elevare l’anima. Il percorso di Carmelo Fabio D’Antoni, attraverso esibizioni internazionali in musei e gallerie, offre a chi osserva un’esperienza visiva che trascende il tempo. Con la sua arte, D’Antoni omaggia la bellezza e la forza delle donne e rinnova un’eredità artistica millenaria, invitando lo spettatore a riscoprire il valore intrinseco della poesia e della spiritualità nell’arte, trasformando ogni sua mostra in un vero e proprio messaggio di speranza e di bellezza.
Il Maestro Carmelo Fabio D’Antoni matura la sua vena artistica nel prezioso contesto della sua terra , nutrendosi di secoli di storia e di cultura qui presenti. Poliedrico per definizione, cresce nelle botteghe dei più grandi maestri contemporanei, sperimentando tecniche e stili che lo hanno portato a trovare il suo percorso nella sublimazione della figura femminile . Nel 2017 si accosta al Sommo Poeta Dante Alighieri, creando opere ispirate alla Divina Commedia. L’Artista si accosta così al pensiero letterario “Stilnovista”, e decide di riprenderne la filosofia fondando una corrente pittorica . La sua personale crescita, travagliata e sofferta, lo ha portato a conquistare, malgrado la sua giovane età, massimi livelli. La storia lo ricorderà sempre come l’uomo sceso all’inferno passando per i 4 elementi fino a giungere alla sua massima levatura di “ Pittore del Dolce Stil Novo”. Sua è la frase coniata “ La massima espressione dell’arte è la forza della Donna” L’Artista ha colto il valore spirituale della forza del vero amore, la donna, sublimandolo nelle sue tele. Uomo sensibile e rispettoso, da sempre contraddistinto da uno spirito elevato, il D’Antoni sa cogliere il bello nelle forti e accese espressioni degli occhi seducenti e ammalianti, ma mai volgari dei suoi soggetti, che trasforma in donne mitologiche e storiche. Dalla Grecia alla Scandinavia, passando per l’Europa e L’Inghilterra, l’artista trasforma le sue modelle, alcune volte uscite dalla sua fervida immaginazione, in immortali guerriere, vive e sacre, eteree guardiane del suo tratto sempre preciso e disciplinato . Negli anni la carriera del Maestro si è evoluta in una costante e continua crescita nel mondo artistico internazionale esponendo in vari Musei, Fondazioni e Gallerie a Roma, Firenze,Torino Messina ,Bonn, Baden Baden, Colonia, Berlino, Chicago, Los Angeles, Miami, Vienna, Bruxelles, Praga, Sofia, Spoleto, Perugia, Andria, Foggia, Catania, Siracusa, Palermo ecc.
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Nella storia dell’arte, la donna è stata musa, creatrice, simbolo. Come si inserisce la sua visione in questo percorso?
Per me la donna è un universo complesso, non solo simbolo ma presenza attiva, protagonista. Nelle mie opere cerco di superare la visione passiva della musa per restituire alla figura femminile un ruolo narrante, potente, carico di significati. È portatrice di memoria, ma anche di ribellione, trasformazione e rinascita.
I suoi ritratti rappresentano donne angeliche e guerriere. Qual è il confine tra sacralità e forza nelle sue figure?
Non c’è un vero confine. La sacralità, per come la intendo io, è una forma di forza interiore. Le mie figure uniscono grazia e resistenza, spiritualità e carne. Sono guerriere silenziose, capaci di custodire e affrontare. La loro forza non ha bisogno di essere gridata, ma si percepisce nei dettagli, negli sguardi, nei gesti contenuti.
In che modo il concetto della “Donna Angelo” si traduce nei dettagli delle sue tele?
Attraverso la luce, la postura, la purezza del volto ma anche attraverso contrasti volutamente presenti. Le mie “donne angelo” non sono eteree e distanti, hanno una presenza reale, quasi tattile. Sono elevate, ma mai disincarnate. Il dettaglio per me è essenziale: uno sguardo rivolto altrove, una mano che sfiora qualcosa che non vediamo, un velo che suggerisce e non copre.
La maternità è spesso vista come una delle massime espressioni della femminilità. Ha mai rappresentato questo tema nelle sue opere?
Non l’ho affrontata in modo diretto, almeno non nella sua forma più tradizionale. Ma spesso nei miei lavori affiora un senso di protezione, di attesa, di custodia. La maternità, per me, può essere anche simbolica: è il gesto di contenere il mondo, di prendersene carico, di dargli una forma attraverso lo sguardo e la presenza.
Esiste un volto femminile, storico o mitologico, che vorrebbe assolutamente ritrarre e non ha ancora dipinto?
Sì, Ipazia. Una figura che incarna intelligenza, coraggio e tragica lucidità. Il suo volto, nella mia mente, è ancora in costruzione: austero ma non distante, forte ma non privo di grazia. Mi affascina l’idea di restituirle una presenza visiva che sia all’altezza della sua storia e del suo pensiero. Prima o poi, troverà spazio su una mia tela.
Se dovesse raffigurare la donna di oggi in un quadro, quali elementi non potrebbero mancare?
La consapevolezza. Uno sguardo che non chiede di essere compreso, ma che sa già chi è. La donna di oggi ha mille volti e mille storie, eppure mantiene una radice antica. Nel mio quadro non mancherebbero mai le contraddizioni, le ferite, la fierezza. E qualcosa di nascosto, da scoprire.
Come e quando è nato il suo percorso artistico?
Fin da piccolo sono rimasto affascinato dai quadri nelle chiese, dai musei che visitavamo in collegio. Ricordo chiaramente che a otto anni ho avuto una sorta di rivelazione: volevo raccontare attraverso l’arte il mio linguaggio. Ho sentito, già allora, il desiderio profondo di lasciare una traccia, una memoria del mio passaggio su questa terra. Negli anni successivi sono entrato in bottega, dove ho potuto fare esperienza, imparare la disciplina del mestiere e crescere dentro questa vocazione. È stato un percorso fatto di osservazione, pratica e ascolto e tanto sacrificio . Oggi continuo a portarlo avanti con la stessa urgenza di allora, cercando di dare forma a qualcosa che vada oltre il tempo, ma che parli ancora al cuore delle persone.
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