“La sola ricchezza che conti” è donna. Ne parliamo con l’autore e studioso Stefano Sciacca, ideatore del personaggio di Michele Artusio

La sola ricchezza che conti (Mimesis edizioni, Narrativa Meledoro) è il nuovo libro da alcuni mesi in libreria dello scrittore torinese Stefano Sciacca.

L’investigatore privato Michele Artusio, già protagonista e “autore” de L’ombra del passato (Mimesis 2020), torna a narrare in prima persona un episodio della propria vita. In questo caso, una vicenda giovanile da cui sarebbe dipesa la scelta di indossare la maschera che il lettore ha conosciuto nella precedente apparizione.

Ambientato negli anni ’30 del secolo scorso – tratteggiati attraverso numerosi riferimenti alla società, alla cultura, alla politica e alla moda dell’epoca – il nuovo libro di Sciacca è un vero romanzo di formazione (e deformazione), malinconico, poetico, romantico. A tratti persino cavalleresco.

Il libro, narrato appunto in prima persona da un personaggio maschile, è costellato di figure femminili. Della maggior parte il protagonista si sofferma a individuare un particolare dell’abbigliamento che le contraddistingue, raccontando spesso qualcosa della loro natura. Tu, scrittore uomo, come le hai osservate per dal loro vita durante il processo di scrittura?

Le ho osservate con gli stessi occhi, pieni di affetto, stima e gratitudine, con i quali ogni giorno ho guardato le donne della mia vita, traendo da ciascuna di loro ispirazione, conforto, felicità e scoprendo aspetti del carattere femminile che lo rendono unico e indispensabile nella vita di qualunque uomo. Risolutezza e dolcezza, l’istinto a proteggere e la capacità di perdonare.

Come hai condotto la ricerca per assicurarti una loro accurata contestualizzazione storica?

Il mio è un romanzo in costume – anche se sono convinto che, al di là dell’ambientazione d’epoca, possa effettivamente aspirare alla trasversalità della quale parla Federico Pontiggia – e si è trattato di ricostruire innanzitutto i costumi: alludo naturalmente alla moda degli anni ‘30, per la quale mi sono ispirato al Cinema dei telefoni bianchi, ai dipinti di Felice Casorati e Amedeo Modigliani, alla ricerca di Sofia Gnoli dedicata alla Eleganza fascista. Ma anche al modo di parlare, di scherzare, di vivere le relazioni sociali e quelle private, attingendo ai personaggi di Francis Scott Fitzgerald e a quelli di Ernst Lubitsch.

Qual è il personaggio femminile a te più caro e perché?

Tengo a molte delle figure femminili del romanzo poiché ciascuna mutua caratteristiche delle donne che amo. Tuttavia è indubbio che il personaggio al quale sono più legato è quello di Bianca, in ragione della sua complessità: ci sono delicatezza e forza, malinconia e gioia, arte, cultura e paesaggio, in lei convivono la meraviglia della vita e la gran paura della morte. È lei la sola ricchezza che conti per coloro che l’hanno accanto e intanto temono di perderla. E io l’ho pensata apposta per la mia bambina, ispirandomi alla sua mamma, alla quale le auguro con tutto il cuore di assomigliare sempre più, così come il padre di Bianca aveva sperato sarebbe stato per la figlia, battezzandola con lo stesso nome della sola donna che avesse amato in vita propria.

La sola ricchezza che conti è un romanzo dedicato all’amore, che ai sensi di Artusio si manifesta come un profumo immediatamente evocativo. Esso gioca un ruolo significativo, fungendo da simbolo e catalizzatore di emozioni. Qual è stato il tuo intento nell’usarlo in questo modo e come hai lavorato per integrarlo nella trama e nel carattere dei personaggi?

Era mia intenzione esprimere la convinzione che il profumo possa emozionare quanto una poesia o una melodia, eccitando i sensi e la fantasia. Soprattutto, il profumo agisce sulla memoria, risveglia i ricordi e si confonde con essi e La sola ricchezza che conti è appunto il ricordo di un amore lontano nel tempo, ma mai dimenticato. Nell’immaginazione del protagonista, quell’amore possedeva l’inebriante odore della Primavera e della giovinezza. E, ripensando alla fragranza concepita apposta per il collo di Bianca, Artusio ammette che in certi casi un profumo non si limita a scivolare sulla pelle ma riesce a raggiungere l’anima, della quale allora diviene espressione.

Come cambia nel corso delle pagine la considerazione di Artusio verso il sesso femminile?

Di pari passo, direi, con la consapevolezza di sé. All’inizio del racconto, il protagonista ammette di essere stato diffidente nei confronti del prossimo e delle donne in particolare. Il profumo, di cui successivamente riconoscerà l’autentico potere rivelatore, nella sua originaria concezione si riduceva a uno strumento tipicamente femminile di seduzione e di inganno, un artificio, una trappola. Però l’incontro con Bianca – al nome della quale corrisponde una natura altrettanto pura – costringerà Artusio a mettere in discussione convinzioni e pregiudizi e, così facendo, a riconsiderare non soltanto la natura umana in genere ma anche e soprattutto la propria, scoprendo i tratti di una sensibilità che nell’immaginario collettivo si definisce appunto femminile.

In chiusura, credi che questo libro possa essere apprezzato e capito parimenti da entrambi i generi?

Io credo che si tratti, se non proprio di una parabola universale come lo ha definito Pontiggia, perlomeno di un racconto unisex. Tuttavia, se dovesse essere più apprezzato dal pubblico femminile, mi rallegrerei con me stesso. Non solo perché in generale reputo le donne lettori più esigenti, ma anche perché in questo particolare caso si può davvero sostenere che abbia inteso scrivere apposta per loro.     

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